SEZIONE III - FUTURO

 

Presupposto

La prima parte della sezione III raccoglie tutti gli input forniti dagli attori di Ottawa per indagare le strade da percorrere verso l’eliminazione totale delle mine antiuomo e dei loro effetti.

La seconda parte cerca invece di aggiungere considerazioni di più ampio respiro che finiscono per coinvolgere anche il settore delle mine, indipendentemente dagli stimoli raccolti direttamente nel corso della ricerca.

Il contributo fornito dagli Stati e dalle ONG permette di evidenziare misure studiate da chi ha reagito alla tragedia delle mine, ma rimane molto carente sul versante della prevenzione. Questa situazione è facilmente comprensibile considerando che la lotta contro le mine ha avuto inizio in tempi recenti e che i numeri della tragedia rendono necessario agire in condizioni di emergenza, senza la possibilità di concentrarsi su analisi di lungo periodo. Ma esiste un altro fattore, molto meno condivisibile, che porta a questa situazione, cioè una generalizzata tendenza a reagire di fronte ai problemi senza curarsi di prevenirli. La prevenzione costa fatica e ha il “difetto” di non mostrare i propri risultati, togliendo soddisfazione e visibilità a chi la persegue.


L’intero lavoro di ricerca si è mosso a partire dal presupposto che per le mine antiuomo esista la sola prospettiva dell’eliminazione: non essendo accettabile un uso indiscriminato e non essendo possibile un uso non indiscriminato.

L’analisi degli attuali conflitti in atto dimostra l’effettiva utilità delle mine antiuomo in politiche di sterminio e di eliminazione fisica dell’avversario, in conflitti dimenticati tra Paesi poveri e volutamente nascosti alla porzione di mondo che vive in pace dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. È altresì evidente l’utilità che le mine rivestono per le “tasche” dei produttori di armi e per la politica di “non sviluppo” delle aree povere a beneficio degli alti standard di vita del Primo Mondo.

Questo lavoro non intende provare a confutare tali dati di fatto, ma si limita a non accettare le linee di condotta che professano e i risultati che si prefiggono. Anche i campi di sterminio, la schiavitù e la tortura avevano un ritorno pratico per chi ne sosteneva l’impiego e non sono certo stati aboliti perché inutili, ma nonostante ciò il loro destino è poi stato indirizzato verso la cancellazione totale (anche se ancora non accettata universalmente).

Per le mine antiuomo vale lo stesso identico discorso. Queste armi hanno fatto più vittime di quelle nucleari, chimiche e batteriologice messe insieme; il loro valore in ambito strettamente militare è nullo e, anche laddove se ne volessero riconoscere alcuni limitati benefici, non esiste vantaggio che valga la vita di uno solo delle migliaia di bambini costretti a vivere senza un pezzo del loro corpo.

Il linguaggio della politica e delle armi ha spesso il difetto di considerare gli esseri umani dal punto di vista quantitativo e non da quello qualitativo, dimenticando che un bambino sarà anche un piccolo puntino mischiato a miliardi di puntini, ma dal punto di vista del singolo le cose cambiano: per un bambino quel puntino rappresenta tutta la sua vita.

Nella prefazione al libro Pappagalli Verdi di Gino Strada, Moni Ovadia scrive:

“A me che traffico come posso con l’etica dell’ebraismo, Gino Strada ricorda i principi fondamentali dell’antropologia ebraica: noi tutti discendiamo da un solo uomo perché nessuno possa dire il mio progenitore è meglio del tuo.

  Ciononostante siamo tutti diversi l’uno dall’altro perché non siamo la semplice replica di un modello, ma un unicum insostituibile che per questo contiene in sé l’umanità tutta. Dunque, chi salva una vita, salva l’intero universo e così progetta la salvezza di noi tutti”[1].

Riprendendo le parole pronunciate dal Presidente Clinton nel 1997[2], chi scrive pensa che ogni bambino al mondo abbia il diritto di scorrazzare e giocare in tranquillità, senza correre il rischio di incontrare una mina antiuomo lungo il cammino. Non condividendo questo presupposto risulterà abbastanza difficile condividere le proposte dei capitoli seguenti.            


[1] M. OVADIA – Op. Cit. – p.8.

[2] Vedi paragrafo 3.5.