CAPITOLO IV
ICBL

 

4 . 1 – Carta d’identità

Le origini e la composizione di ICBL sono già state ricordate al paragrafo 2.2.1, parlando del Processo di Ottawa.

Oggi ICBL è un cartello che conta più di 1.100 associazioni in oltre 60 Paesi e la struttura iniziale è andata riorganizzandosi per aree regionali di intervento. Le sei[1] ONG che hanno lanciato la campagna sono sempre presenti, in particolare Human Rights Watch e Handicap International sembrano svolgere un ruolo di primo piano, mentre l’attività di coordinamento è tuttora affidata a Jody Williams[2].

Nel 1996 il comitato direttivo (Steering Committee) è stato ampliato rispetto alle sei unità iniziali, cui si sono aggiunte :

-         Afghan Campaign to Ban Landmines ;

-         Cambodia Campaign to Ban Landmines ;

-         Kenyan Coalition Against Landmines ;

-         Rädda Barnen ;

-         South Africa Campaign to Ban Landmines.

Nel 1998 il comitato ha cambiato nome, diventando Coordination Committee e ramificandosi ulteriormente con l’aggiunta di sei soggetti :

-         Association to Aid Refugees, Japan ;

-         Colombian Campaign Against Landmines ;

-         Inter-African Union of Human Rights ;

-         Landmine Survivors Network ;

-         Lutheran World Federation ;

-         Norwegian People’s Aid.

Le ONG che confluiscono in ICBL provengono da diversi settori, con mansioni specifiche in tema di mine o con aree di intervento a più ampio raggio che comprendono anche il soggetto in questione. Del primo gruppo fanno parte associazioni di sminatori e di medici; nel secondo invece si trovano organizzazioni a difesa dei diritti umani, dell’infanzia, dei diritti delle donne, dell’ambiente, sul controllo degli armamenti e congregazioni religiose.

4 . 2 – Attività

ICBL ha il difficile compito di tenere unito il folto gruppo di associazioni che hanno deciso di farne parte, cercando di gestire le forze e le competenze a disposizione in maniera funzionale all’obbiettivo della eliminazione delle mine antiuomo.

Le singole ONG che la compongono hanno mantenuto le loro specificità e i rispettivi settori di intervento. In alcuni casi si tratta di gruppi che lavorano direttamente nei Paesi colpiti dalle mine, mentre per altre associazioni l’attività si svolge negli Stati di appartenenza, attraverso un’azione di informazione verso l’opinione pubblica e di pressione nei confronti dei rispettivi governi. Spesso i due tipi di intervento si fondono all’interno di una singola ONG.

ICBL svolge due compiti principali: da una parte studia e mette in pratica azioni di pressione politica all’interno della classe dirigente dei vari Stati; dall’altra funge da catalizzatore di informazioni in tema di mine, raccogliendole dai vari soggetti che lavorano per la loro eliminazione e fornendole a chi intende attivarsi nella stessa direzione.

È sufficiente constatare le reazioni dei Governi nei confronti del lavoro di ICBL per capire come la sua attività venga tenuta in considerazione dal versante istituzionale degli attori di Ottawa[3]. Questo soggetto, anomalo nel quadro delle relazioni internazionali, è venuto ritagliandosi una posizione di prestigio e di rispetto nei confronti dei propri interlocutori. Due esempi possono aiutare a capire meglio la questione.

Il Ministero degli Affari Esteri austriaco, rispondendo al questionario di cui abbiamo parlato al capitolo precedente, ha inviato una breve lettera che ribadiva il convinto sostegno alla campagna contro le mine e, prima dei saluti di  rito, non ha fatto altro che inserire nella busta le fotocopie del Landmine Monitor 1999 relative alla posizione austriaca, cioè pagine predisposte proprio da ICBL (e di cui ci occuperemo al paragrafo 4.2.2).

Un altro elemento palese dell’attenzione rivolta dalla Comunità Internazionale al lavoro di ICBL può essere considerato l’atteggiamento della platea delle Nazioni Unite nel corso degli interventi di Stephen Goose[4] alla recente conferenza di Ginevra. Le sue parole erano seguite con particolare attenzione. Nella sala il normale sottofondo di brusio calava sensibilmente, mentre era difficile vedere molte sedie vuote o delegati impegnati in attività di lobby oltre la porta a vetri. Al termine dei suoi interventi la tensione diminuiva di colpo e molti delegati raggiungevano la via d’uscita. Delle parole pronunciate in quella sede da ICBL riferiremo al paragrafo 6.2.2, ma è sembrato importante ricordare questo episodio per inquadrare meglio il ruolo che le ONG si sono meritate nell’innovativo percorso che ha portato a Ottawa.

Il lavoro di informazione e aggiornamento viene svolto utilizzando canali di diversa natura, passando per i mass media, utilizzando i classici strumenti cartacei e beneficiando della velocità delle nuove tecnologie. Questi strumenti meritano una trattazione puntuale.

4 . 2 . 1 – www.icbl.org   

Il sito internet è il primo punto di approccio per esaminare il lavoro di ICBL.

L’ausilio di questo strumento è di inestimabile valore per tenere collegati gli interessati al problema mine sparsi per i cinque continenti. Un analogo processo di pace portato avanti dieci o quindici anni fa non avrebbe avuto la stessa forza proprio per la mancanza di un collegamento in rete, che mette a disposizione di tutti e in tempo reale le informazioni che si vogliono far circolare. Il discorso potrebbe naturalmente essere esteso a qualunque tipo di attività umana, umanitaria o commerciale, magari anche alla facilità di comunicazione per chi naviga controcorrente, cioè ai produttori di mine antiuomo. È comunque fondamentale capire il valore di questo strumento per tenere unite persone che non dispongono di grossi mezzi finanziari o di supporti di altro genere che sono invece a disposizione degli altri elementi della classe dirigente. Tenere informate tutte le ONG e i cittadini coinvolti nella campagna contro le mine con l’ausilio di altri mezzi di comunicazione avrebbe implicato tempi ben più dilatati e costi probabilmente insostenibili.

Il sito internet di ICBL è stato organizzato in maniera tale da collegare tutte le fonti di informazione sulle mine antiuomo. Partendo dalla homepage è possibile raggiungere tutte le ONG interessate, nonché le pagine web delle Nazioni Unite, del Comitato internazionale della Croce Rossa e alcuni siti governativi come quello del MAECI canadese, a sua volta ricco di informazioni. In questo modo ICBL non ha l’esigenza di analizzare ogni singolo argomento correlato al problema mine, rinviando le trattazioni più tecniche (assistenza alle vittime, sminamento, leggi e trattati internazionali, ecc.) al diretto contatto con soggetti specializzati per settore. Questo sistema organizzativo funziona naturalmente anche percorrendo il cammino al contrario, per cui scegliendo un accesso secondario alla rete, per esempio passando attraverso le pagine di una singola ONG, si risale facilmente al centro della stessa per poi dirigersi verso l’ambito di informazioni che più interessa.

La homepage è aggiornata settimanalmente con le ultime novità. In particolare vengono seguite le nuove adesioni al Trattato di Ottawa e le tragiche notizie che arrivano ogni giorno dai Paesi minati.

Il menu di navigazione del sito è organizzato in modo da fornire informazioni tanto sulla storia, quanto sulla cronaca della battaglia per l’eliminazione degli ordigni.

Sotto la voce “action you can take[5] si possono analizzare le iniziative consigliate da ICBL per chi vuole combattere le mine.

Le varie voci riportano:

-         manifestazioni pubbliche di sensibilizzazione ;

-         interventi mirati sulle istituzioni governative per aderire al Trattato di Ottawa e rispettarne gli obblighi ivi contenuti ;

-         azioni di “condanna” verso i produttori di mine ;

-         pressione sui mezzi di comunicazione ;

-         contatti con ONG sparse per il mondo ;

-         iniziative rivolte alle scuole ;

-         raccolta fondi.

ICBL si è ritagliata un ruolo importante a contatto con la classe politica, ma non dimentica l’importanza di iniziative a diretto contatto con i cittadini e in particolare con i giovani delle scuole.

L’organizzazione di pubblici incontri è stata spesso affiancata da momenti di forte impatto emotivo e valore simbolico. Un’iniziativa ripetuta più volte da ICBL consiste nell’organizzare raduni in piazza per formare delle gigantesche piramidi innalzate grazie a un cospicuo numero di scarpe lanciate dai manifestanti. Le scarpe vengono accatastate per ricordare come diventino un accessorio inutile nell’abbigliamento di persone a cui è stata strappata una gamba. Questo tipo di intervento ha anche il pregio di interessare la stampa più di una conferenza pubblica, dove diventa oneroso il compito di un giornalista che deve stare ad ascoltare ore di dibattito, mentre un segnale visivo, come la piramide di scarpe, lancia un messaggio semplice, diretto e “spendibile” anche per gli operatori dell’informazione televisiva. Questo tipo di iniziativa ha avuto luogo nelle maggiori capitali occidentali, come a Parigi nel maggio 1999, a Ottawa nel corso degli incontri di due anni prima o sul marciapiede davanti al prato della Casa Bianca.

Attraverso il sito è possibile consultare (e ordinare in versione cartacea) il Campaign Kit, composto da una decina di dispense dedicate ai numeri della carneficina e a spiegare come è possibile organizzare pubblici incontri o vere e proprie campagne contro le mine. Il kit si presenta come uno strumento di immediata fruizione da parte di un pubblico poco esperto nel settore e può servire da primo contatto con il problema.

Un ulteriore reparto del sito si preoccupa del pubblico più giovane[6], dei ragazzi delle scuole. ICBL cerca di raggiungere questo tipo di interlocutori con un linguaggio più accessibile, diretto e spigliato, ben comprendendo l’importanza dell’educazione dei più giovani verso i problemi della pace e dei Diritti Umani.

Le pagine web forniscono tutta un’altra serie di servizi, come un calendario aggiornato degli eventi contro le mine, alcuni filmati direttamente visionabili sul monitor del computer[7] e tutti i collegamenti con gli altri soggetti impegnati sul fronte delle mine, di cui già si è detto.

Un servizio particolarmente efficace è usufruibile attraverso la semplice iscrizione alla mailinglist di ICBL, che spedisce giornalmente un report degli aggiornamenti sul problema mine, con notizie tratte dalla stampa di tutto il mondo o attraverso la rete di comunicazione delle ONG sparse per il pianeta.

4 . 2 . 2 – Landmine Monitor

ICBL si è assunta il compito di monitorare la situazione mondiale delle mine antiuomo. Questo lavoro avviene attraverso le ONG che operano nei vari Stati e con l’aiuto delle istituzioni governative.

I contribuiti forniti dagli attori istituzionali sono molto diversi da Paese a Paese e la possibilità di fornire informazioni esatte e dettagliate è ovviamente condizionata dal loro comportamento.

Landmine Monitor è una pubblicazione giunta (nel settembre 2000) alla sua seconda edizione e che viene predisposta annualmente da ICBL in concomitanza con le conferenze sullo stato del Trattato di Ottawa. Il testo si preoccupa di fornire una panoramica generale sull’attualità delle mine, per poi scendere nel particolare e riferire della situazione in ogni singolo Stato del mondo.

Una prima parte è dedicata a spiegare la posizione di ciascun Paese rispetto alla produzione e all’utilizzo delle mine dal secondo dopoguerra a oggi. Le altre voci si occupano della stretta attualità riferendo della posizione di ogni Stato rispetto al Trattato di Ottawa; della produzione attuale; delle mine presenti negli stock e di quelle stimate ancora nel terreno; della legislazione nazionale per la repressione di comportamenti in violazione del bando; del lavoro delle Organizzazioni Internazionali e Non Governative e dei fondi spesi per l’assistenza alle vittime, lo sminamento e i programmi di informazione.

Questo strumento permette di comprendere il comportamento dei singoli Stati. Per alcuni Paesi la trattazione è molto diffusa per la relativa facilità nel reperire informazioni o per i cospicui problemi connessi alla questione delle mine. In altri casi invece la pubblicazione si limita a poche righe di commento, soprattutto in quei Paesi che hanno avuto la fortuna di non trovarsi mai mine sparse per il proprio territorio o che non hanno mai partecipato alla competizione commerciale degli ordigni. In altri casi invece una trattazione scarna riflette le difficoltà di accesso ai dati. In questo senso è possibile riportare, a titolo di esempio, l’intero commento sulla posizione di Tonga, un Paese che apparentemente non contribuisce a infestare il mondo di mine, ma il cui silenzio lascia un’ombra di ambiguità:

The Kingdom of Tonga did not participate in the Ottawa Process and has not yet acceded to the Mine Ban Treaty. While it is now a member of the United Nations having been formally accepted on 14 September 1999, Tonga was absent from the vote on UNGA resolution 54/54B in support of the Mine Ban Treaty in December 1999.

It is believed that Tonga has never produced, transferred, stockpiled or used AP mines and does not contribute to humanitarian mine action programs[8].

Landmine Monitor svolge una funzione analoga a quella che, nel suo piccolo, ha cercato di svolgere il questionario incorporato in questo lavoro di ricerca al capitolo precedente. Il concetto è esattamente lo stesso: contattare i governi del mondo per avere notizie sullo stato della politica in tema di mine. Il lavoro di ICBL è quasi esclusivamente incentrato sulla posizione degli Stati rispetto al Trattato di Ottawa, mentre il questionario proposto da questo lavoro di ricerca prova a indagare anche altri settori di intervento che esulano dallo stretto ambito giuridico.

Parte dell’analisi svolta in questo lavoro è stata possibile proprio grazie alla pubblicazione del Landmine Monitor, soprattutto per raggiungere notizie relative a Paesi che tengono ben nascosta la propria posizione in tema di mine e che non hanno contribuito alla compilazione del capitolo precedente. Notare la diversa reazione dei Paesi alle indagini di ICBL è già di per sé un indicatore interessante della reale volontà di contribuire alla eliminazione delle mine. È infatti relativamente semplice conoscere la posizione ufficiale di Paesi fuori dal bando come gli Stati Uniti o la Finlandia, le cui notizie si possono rintracciare sulla stampa o attraverso i canali della rete internet. Più difficile è invece l’accesso alle informazioni delle altre “potenze”, quali la Cina, l’India o la Russia, mentre diviene quasi impossibile, anche per ICBL, in casi estremi come quelli del Laos o dell’Iraq che non hanno praticamente mai intrapreso alcuna iniziativa per frenare l’uso incontrollato delle mine.

L’unica critica che sembra opportuno fare agli estensori di questo ambizioso progetto è di basare troppo le proprie indagini su interlocutori istituzionali, perdendo di vista parte del lavoro proposto dalle ONG. L’osservazione nasce leggendo i dati riportati rispetto all’operato dell’Italia[9], cioè l’unico Paese di cui chi scrive ha conoscenza diretta dei lavori che vi si stanno svolgendo. Infatti, come vedremo nel prossimo capitolo, vengono citate le azioni dell’associazione Emergency solo in considerazione dei rapporti intrecciati con il Ministero degli Affari Esteri italiano in Cambogia, mentre non c’è menzione di tutta la restante attività portata avanti senza l’aiuto delle istituzioni italiane. È difficile sapere se una omissione del genere sia presente anche nei dati degli altri Paesi; se così fosse però è da considerare incompleta l’analisi del Landmine Monitor.

Landmine Monitor si conclude con una sezione dedicata a documenti di agenzie delle Nazioni Unite e di Organizzazioni Regionali; ad articoli di stampa particolarmente significativi e a dichiarazioni ufficiali di esponenti governativi.

4 . 3 – L’opinione odierna di ICBL

Questo paragrafo avrebbe dovuto ospitare un’intervista a uno dei membri di ICBL.

L’incontro era stato fissato al Palazzo delle Nazioni di Ginevra nel corso dei lavori della SMSP, ma ICBL non si è presentata all’appuntamento e non è dunque possibile inserire il suo parere sui temi più cari a questo lavoro di ricerca.

4 . 4 – Conclusioni ICBL

In mancanza dell’intervista del paragrafo precedente risulta parzialmente ridotta la possibilità di conoscere l’opinione attuale di ICBL sui temi toccati da questo lavoro di ricerca, ma alcune considerazioni si possono comunque fare e ulteriori elementi verranno aggiunti nel corso del capitolo VI, grazie alla diretta partecipazione alla Conferenza di Ginevra in cui è stato possibile osservare da vicino il lavoro di ICBL per cinque giorni.

ICBL ha introdotto, e continua a coltivare, alcuni elementi rivoluzionari nel panorama delle relazioni internazionali.

Nell’arco di otto anni ha messo insieme una rete di ONG considerevole e ha coordinato un lavoro molto complesso. Contemporaneamente è riuscita a trasferire questo lavoro nelle “stanze del potere” a diretto contatto con i classici attori della politica internazionale, dando vita a quella che Stephen Goose chiama “new diplomacy[10].

Mantenere questo ruolo in futuro non sarà facile. È infatti sufficiente scorrere le pagine del Landmine Monitor, leggere le dichiarazioni rilasciate nel corso delle riunioni della Conferenza sul Disarmo di Ginevra o visitare i siti internet di diversi governi per rendersi conto che è in atto un tentativo di riportare la questione delle mine antiuomo entro i binari della diplomazia tradizionale[11]. Queste spinte si concretizzano nella tentazione di molti Paesi[12] a esaminare il problema mine antiuomo nell’ambito della Conferenza sul Disarmo di Ginevra, estromettendo così le ONG dal discorso. ICBL sembra ben cosciente di questa precarietà del proprio ruolo e non perde occasione per sottolineare l’importante connubio tra governi e ONG nel processo che ha portato al bando sulle mine. Sarà fondamentale continuare a legittimare la propria presenza nelle assisi internazionali con la serietà del lavoro proposto e fino a oggi ICBL è riuscita ampiamente a farlo[13].

Gli altri aspetti fondamentali dell’impegno di ICBL riguardano il lavoro sul terreno nei Paesi minati e l’attività di informazione che riesce a coprire un elevato numero di aree geografiche.

Sotto la bandiera di ICBL confluiscono ONG di medici e di sminatori che lavorano attivamente per prevenire nuovi incidenti da mina e per prestare soccorso a chi invece non ha fatto in tempo a sottrarvisi.

Per quanto attiene all’attività di informazione, ICBL è stata per alcuni anni la primaria fonte di informazioni sulle mine[14] e oggi rappresenta il più attento occhio critico nei confronti degli Stati che cercano di sottrarsi agli obblighi imposti dal Trattato di Ottawa.

  



 

[1] Handicap International – Human Rights Watch – medico international – Mines Advisory Group – Physicians for Human Rights – Vietnam Veterans of America Foundation.

[2] Gli altri “nomi di punta” del cartello di ICBL sono contenuti nella lista dei partecipanti alla SMSP, vedi Allegato 8.

[3] Cfr. le parole di Thomas Hajnoczi, par. 2.2.1.

[4] Capo delegazione di ICBL.

[8] ICBL – Landmine Monitor Report 2000 (Toward a Mine-Free World) – p.538 – Cit..

[9] ICBL – Landmine Monitor Report 2000 (Toward a Mine-Free World) – p.667-683 – Cit..

[10] Vedi Allegato 7 ( capoverso quarto dell’allegato).

[11] Il dato trova ulteriore conferma nelle risposte al questionario proposto da questo lavoro di ricerca.

[12] In particolare quelli estranei al processo di Ottawa, come gli Stati Uniti o l’India, ma non manca nemmeno il supporto di alcuni Paesi schierati a favore del bando, come l’Australia.

[13] Come si vedrà nel corso del capitolo VI, ICBL ha svolto un ruolo di primo piano nel lavoro dei comitati di esperti nati dal documento finale della Conferenza di Maputo del maggio 1999.

[14] Solo i poderosi apparati delle Nazioni Unite e la Croce Rossa Internazionale sono oggi in grado di far circolare le informazioni più velocemente e in misura più ampia rispetto a ICBL.